Dietro ogni delirio può nascondersi un tesoro.

Nelle ultime ore mi sono documentata sulla condizione dei manicomi dall’ultima metà dell’800 fino a circa la metà del ‘900.
Voglio stringere la visuale e focalizzarmi unicamente sui casi più discutibili.
Nelle motivazioni ho trovato delle assurdità eclatanti, per il quale il termine “normalità” era, e per certi versi ancora è, una sequela di stati d’animo attraverso i quali tutti, giuro tutti, passiamo.
Dal momento di nervosismo, a un silenzio prolungato, al “mal d’amore “…quello che senza dubbio mi ha più colpito. Non c’era diritto a star male, così come, ancora peggio, non c’era diritto a star bene, poiché anche l’entusiasmo, l’euforia, la gioia e la spensieratezza erano sintomi di qualcosa che non andava, qualche rotella fuori posto. Come sarà mai possibile?
Persino una donna che sceglie la solitudine e l’autonomia creava imbarazzo, innescava un sentito di pericolo nei contesti sociali, ed era per questo giustificato l’atto della denuncia alle autorità competenti per poterla far internare.
La paura dell’altro, del dato di imprevedibilità sconveniente, il non poter avere sotto controllo, ha scatenato una reazione a catena che ha visto migliaia di casi immotivati, vite distrutte, separazioni dai cari (magari gli stessi che accompagnavano la persona per così dire pazza), tutto per non rovinare la quiete pubblica, una quiete sancita da uno schema di moralità e di cosa veniva definito normale, addomesticabile, controllabile.

Vi garantisco che se ad oggi piovessero manicomi, ci saremmo tutti dentro.
Una settimana di depressione è inaccettabile, c’è sempre quel qualcosa che non si vuole vedere, il non affrontare un momento di crisi, di debolezza che vuole solo chiedere un miglioramento.
La repressione di sentimenti normalissimi che sono passaggi fondamentali per la nostra esperienza terrena e crescita, nella scoperta di quel contatto con la nostra Anima, natura divina.
Il cacciar fuori la testa dal sacco e stabilire un cambiamento è pressoché impensabile ed è documentato nei cent’anni di manicomi, ma era così anche prima, e ripeto, non troppo distante da oggi.
Una follia pensare di cambiare le cose? Le decisioni prese che non rispettino un canone di omologazione determinano un allontanamento, l’isolamento e l’esclusione che nessuno vuole affrontare. Per non sentirsi da meno, diventano tutti giudici, e così volano teste, opinioni indiscutibilmente giuste, un manuale di idiozie.
…ma chi sono veramente i pazzi a questo punto?
Il 2021 era l’anno del Mondo. Il 2022 è l’anno del Matto. La sua scelta imprevedibile spinta dai suoi sentimenti; l’Amore, unico metro giusto per vivere liberamente la propria vita. Corre il rischio di essere calunniato, inadeguato, lapidato da un contesto sociale che non ha mai preso coraggio allungando il piede fuori dal proprio pianerottolo per poter prendere la via desiderata.
È un rischio aprire il cuore.
Oggi non esistono più i manicomi, ma tutta quella fetta di giudicanti si equipara alla schiera di medici che hanno in passato stabilito delle regole di moralità e condotta sociale, facendo bello e cattivo tempo.
Nessuno si senta offeso, fatta regola ci sta l’eccezione. E soprattutto ho potuto constatare che siamo tutti matti e al tempo stesso giudici.
La stessa singola persona giudicante per quanto possa scagliare quella pietra, è la stessa che la ritroverà ai suoi piedi come prima pietra portante di un muro che alza intorno se stessa, e che nei propri giudizi morali, determinerà un rettitudine fasulla che denoterà sofferenza, mentre lì fuori qualcuno se n’è fregato, ormai libero da chiacchiere, pettegolezzi e schemi dalla portata medievale.
La prima gabbia la creiamo noi quando guardando all’esterno percepiamo cosa sia normale e cosa no.
Il verbo “dovere” ancora usato in modalità occlusiva che fa lo sgambetto al più sereno “volere”.
Il passato è ancora qui. Ma il futuro lo possiamo creare noi.
A cura di Francesca Shissandra

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