
La primavera, anche se con temperature elevate, sicuramente non caratteristiche della stagione, ci ha accompagnato anche quest’anno nel viaggio alla ricerca di noi stessi. Sino al giorno più lungo, il solstizio. In quell’apparente fermarsi, immersi nell’azione dell’astro, si trova il tempo per rivedersi a distanza di un ciclo.
Ci voltiamo ad osservare ciò che è stato, fermandoci ciò che basta per gioire del ricordo, un intenso istante.
Mi rivedo osservare alcune delle dinamiche del mondo vegetale, insegnamenti che ispirano ad un sapere antico. Un viaggio di intuizioni, dove si fa esperienza amalgamando sogni e realtà, superando nuove frontiere e illuminando il grande racconto che è la vita.
Potrei dunque iniziare così…
C’era una volta, in una piccola sezione dell’universo, un pianeta di terra e roccia che possedeva un cuore di fuoco. Girava instancabilmente attorno a se stesso in una danza cosmica ancestrale e si faceva attraversare da vento e acqua. Amalgamando gli elementi del divino creò la vegetazione, il connubio del tutto diede origine agli animali.
Un giorno apparvero gli esseri umani. Nel creato osservarono gli animali, trovarono con essi delle similitudini, cominciarono ad imitarli.
Dopo, ebbero a vedere le piante e cominciarono l’osservazione… oppure no, ma è dell’osservazione del mondo vegetale che scriverò e vorrei fosse vissuto con lo spirito di una favola permettendomi di sondare alcuni limiti apparentemente invalicabili.
Avendo già in precedenza introdotto con l’argomento sull’impollinazione e la formazione del seme, la capacità che le piante hanno di analizzare e indurre le creature a collaborare all’opera alchemica della creazione, oggi mi sento di iniziare il racconto così:
L’agguato dalla pianta attuato nei confronti di tutte le creature viventi raggiunge il suo apice alla maturazione del frutto. Dinamiche sofisticate che presuppongono intelletto, osservazione, conoscenza e creatività di altissimo livello.
In principio è silenzio, caratteristica peculiare che la pianta palesa anche all’esterno. Una dote preziosa, un concerto energetico che porta alla mimesi di se stessa e al proprio riconoscimento energetico.
L’intento richiamato da questa potente energia è immenso, lo scopo si sublima, la volontà crea una spirale di fenomeni spettacolari come le stagioni, caratterizzate da condizioni climatiche che siamo abituati a riconoscere e ad onorare.
Un vortice di collaborazioni, fra gli elementi e i bisogni della vita, per creare la vita, il continuo ciclo di rinascita e morte apparente che mostra lucidamente la più grande verità.
Preservare la propria vita sostenendo la vita delle creature terrestri è un metodo messo a punto dalle piante per diffondersi e proliferare nel pianeta Terra, un insegnamento fondamentale per tutti gli esseri umani.
Nel momento in cui il frutto è maturo, il fiore è come un bellissimo ricordo, protetto dal tegumento del seme. Un’immagine che non vuole esser dimenticata, che torna, cresce, diventa un’ideale.
Cosa sono i ricordi? Segmenti della nostra vita, simili ai fiori delle piante. La bellezza del creato apparentemente effimera.

I ricordi. Alcuni vivono appena il tempo per potersi chiamare ricordi, altri restano lì, facilmente rievocabili, diventano storie e vengono raccontate ogni qualvolta si fanno nuove amicizie, presto o tardi doniamo questi frammenti di noi stessi.
Altri ancora sembrano vivere ogni giorno, possono perdere la loro forma e presentarsi come un fotogramma. Un solo frammento dell’immagine completa che racchiude in se l’intero evento vissuto, con energia e chiarezza tale da richiamare le emozioni vissute alla sua nascita, all’apparenza senza possibilità di manovra.
Di solito questo tipo di ricordi non sono felici e vorremmo liberarcene, eppure mostrano ogni giorno la loro forza e se li analizzassimo con discernimento, senza farci travolgere dalle emozioni, potremmo capire che l’ombra del buio è la luce.
Cosa potrebbe produrre un ricordo luminoso che irrompe in una giornata come tante? Una delle più grandi forze, la gioia.
Chissà se con il ricordo dei fiori una pianta potrebbe creare la vita?
Nel seme è la vita, il futuro, che oggi vola col vento, si lascia trasportare dalle acque di un fiume, divorare, digerire, restituire alla terra. In se nutre la volontà di diventare una pianta matura.
E se l’attitudine alla vita del seme, trovasse l’energia necessaria a poter germinare anche ad anni di distanza dal ricordo del fiore che è stato?
Noi esseri umani siamo convinti che il luogo dove risiede il pensiero e con esso anche la capacità di ricordare sia il cervello. Un organo che la pianta non espone come noi esseri umani e tutto il regno animale. Eppure le piante sono esseri cognitivi dotati di intelligenza e non esporre un organo per noi molto delicato le rende meno vulnerabili alle aggressioni e agli agenti esterni.
Con il ricordo dei fiori, certi semi, dal momento in cui giungono a maturazione, germinano appena cadono al suolo, vengono chiamati recalcitranti, come cavalli che non cedono facilmente all’addomesticamento, questi sfuggono alla morte nascendo.
Altri semi, chiamati ortodossi, quando si separano dalla pianta madre iniziano un lavoro di disidratazione, questa fase gli consente di trascorrere lunghi periodi senza germinare restando vitali, infatti il basso contenuto d’acqua permette un rallentamento del metabolismo ed aumenta la resistenza alle situazioni ambientali sfavorevoli, come il gelo, che altrimenti sarebbero dannose.
Mi piace pensare che la forza che infiamma la vita dentro il seme sia racchiusa nel ricordo del fiore, che questo crei l’equilibrio, rafforzi l’intento, come un pensiero presente non ancora affiorato alla mente, un’essenza, una potenza, una stella che aspira alla creazione.
E’ il germe che si insinua affinché ci sia ogni anno un’immagine reale e dettagliata di come e cosa sia la vita.
Una diversità di intenti che convivono in continuo mutamento, si adeguano e guariscono perché ciò che più conta è continuare ad esistere e a prosperare.
L’essere umano compare all’incirca 300000 anni fa, ma forse anche milioni di anni fa, in un pianeta che offre a lui più di quello di cui ha bisogno per adattarsi, conoscersi, riprodursi e far parte della ciclicità della vita. La natura che gli si presenta e ricca di alimenti adatti al proprio sviluppo, dalle erbe selvatiche ai frutti.
L’essere istintivo non conosce, sente ciò che è a lui favorevole, erra, cercando di sondare i propri limiti, apprende dagli errori, conta su conoscenze che risiedono in lui e da lui attinge giorno per giorno.
Oggi ci siamo allontanati molto da quegli esseri istintivi che eravamo, ci siamo affidati alle logiche della mente riempiendo il nostro tempo di obblighi, divorando tempo e restringendo possibilità.
Ci convinciamo che l’apprendimento possa avvenire in tempi sempre più ristretti, addirittura nell’arco di un giorno, che se non si apprende e perché non si è trovato il giusto insegnante. In realtà molti di noi ci inganniamo pensando d’aver bisogno di buoni insegnanti, buoni maestri, per poter capire o essere sicuri di percorrere la giusta strada.
Per conoscere e padroneggiare i concetti abbiamo bisogno di tempo e tempo per confutarne l’esattezza e prendere consapevolezza.

Ho un ricordo dentro me che vuole insegnare, di cui è impossibile ancora comprenderne il sublime ma ne intuisco la forza.
Il 12 Maggio abbiamo accolto a “Cua ‘e bentu” la sibilla delle erbe Maria Sonia Baldoni, le sue conoscenze sono la passione che ha coltivato per circa quarant’anni. I suoi occhi vedono una vita che per la maggior parte delle persone è possibile solo immaginare. La terra che ogni giorno calpestiamo ignari ci offre tutti gli alimenti di cui il nostro corpo ha bisogno per sostentarsi ma soprattutto nutrimenti che aiutano a guarire e ad equilibrare la mente. Riconoscere le varietà di erbe che ci vengono donate da Madre Natura richiede molta esperienza e spazio mentale per poter immagazzinare tutti i concetti. Una pianta generica è fondamentalmente composta da radice, fusto, foglia, fiore, infiorescenza e frutto. A seconda delle esigenze e nei giusti tempi, ognuna di queste parti può essere utilizzata dall’uomo per garantirsi la salute.
In una giornata con Maria Sonia abbiamo raccolto le erbe che lei ci presentava man mano che la seguivamo in una passeggiata all’interno di “Cua ‘e bentu”.

Rucola (Diplotaxis tenuifolia), calendula (Calendula arvensis), silene (Silene vulgaris), aglio selvatico (Allium ursinum), finocchio selvatico (Foeniculum vulgare), carota selvatica (Daucus carota), senape bianca (Sinapis arvensis), iperico (Hypericum perforatum), avena selvatica (Avena sativa), acetosella gialla (Oxalis pes-caprae), asfodelo (Asphodelus albus), muscari (Muscari botryoides), convolvolo (Convolvulus), caccialepre (Reichardia picroides), alcune delle erbe raccolte così come volgarmente vengono chiamate, ma anche coi loro nomi scientifici, che letti con una certa enfasi sembrano portarci in quel regno di magia e incantesimi che oggi affiora sempre più spesso dalle macerie del mentale grazie al risveglio di moltissime anime.
In parte, le erbe raccolte sono state catalogate in, Erbe cotte –Misticanza, Erbe crude – Insalata, Erbe curative e Erbe non commestibili, distinguendo e applicando i vari campioni alle quattro specialità. Uno strumento, un buon metodo per iniziarsi alla conoscenza delle erbe selvatiche è proprio la creazione di un erbario. L’inizio di un percorso.
Il resto delle erbe le abbiamo mangiate, così, crude come raccolte o dopo pochi minuti in acqua bollente. Un mandala circolare con le erbe e i fiori è stato eseguito per onorare la raccolta e il luogo.
La giornata si è fatta poi sulle note della musica di Davide Casu che chitarra e voce è riuscito a creare un’intima atmosfera fra uomini e vegetazione e i mille mondi ancora invisibili hai nostri occhi ma che aspettano d’esser contemplati.

Con la percezione che un ricordo possa come in un seme, creare la vita, vi ringrazio di aver sostato anche solo per un attimo sulle sponde del mio libero pensiero e vi invito ad osservare le piante con maggior attenzione, alla ricerca del messaggio che instancabilmente cercano di comunicare, senza pregiudizi, con gli occhi del bambino custodito dentro ognuno di noi.
Un grosso ringraziamento alla sibilla delle erbe Maria Sonia Baldoni per averci onorato della sua forte presenza ed aver svelato uno dei tanti tesori che la natura ci offre incondizionatamente.
Grazie anche a Valeria, Marta, Laura e Paperino per i sorrisi, le parole e l’affetto che ci avete donato.
Grazie alla grande tribù di Felicitas Mundi e a Gabriele, l’energia che crea ponti.
Saluti da “Cua ‘e Bentu”
A cura di Alessandro, rubrica Noi e la Terra

Eventi a Cua’e Bentu

Foto prato fiorito da: http://www.paradisieparadisi.com/prodotto/prato-fiorito-9882/
Musica dell’anima: Davide Casu con Vento tra gli Olivi